Ma voi cosa pensereste del liceale perditempo che impiega l’ora della lezione di latino a scrivere sms con gli amichetti? E che idea invece avreste di un sindaco che durante il Consiglio Comunale presidia facebook eludendo il suo appuntamento con il dovere?  La differenza tra i due è evidente ma  gioca tutta a sfavore del sindaco. Michele Emiliano ormai è ostaggio di se stesso.

Ed è grave perché non solonon fa il suo dovere ma di ciò non nutre alcuna vergogna e anzi rilancia abbandonandosi all’esibizionismo, al palcoscenico, e assapora sorridente l’impunità sotto forma di applausi e commenti degli “amici”.

Durante il Consiglio Comunale di venerdi 8 ottobre abbiamo avuto la riprova di quanto la suaconnessione col virtuale è inversamente proporzionale a quella con la realtà. Emiliano infatti ha pensato bene di fare il sindaco dei soli suoi “amici” di social network imbastendo on line e live un Consiglio Comunale parallelo a quello in corso. Un capolavoro: di fare il sindaco durante l’assise pubblica non gl’ingozzava  e così ometteva di rispondere alle critiche dell’opposizione – gente di carne e di ossa e legittimata dal popolo – ma usava le osservazioni di costoro come noccioline da dare in pasto alla propria folla di tifosi.

Quel che ne è uscito è facilmente prevedibile: una macedonia ricca di insulti e degenerata in commenti di terz’ordine sui consiglieri e allusioni da serie c2 girone c su parenti in linea retta e collaterale di quest’ultimi. Uno show degno di indymedia ma in perfetto Emiliano-style. Quello dell’aizzatore di folle in servizio permanente effettivo. Quello di un parla a vanvera imbattibile e che facebook non può far altro che amplificare. Perché è ovvio: il problema non è facebook, ci mancherebbe. Il problema è quello di un uomo monco di rispetto p

er le persone. Monco di stile politico. Monco di considerazione per le istituzioni. Per lui la vetrina è più importante di tutto tanto che l’arte di guadagnarsela è divenuta nel tempo la sua unica specialità.

Ora c’è la mania di facebook e allora vai: si parte pancia a terra e si aizzano le folle dicendo agli amici quel che non si ha la forza di argomentare in pubblico. Come il miglior mascione di periferia. In fondo il conflitto di Emiliano è tutto qui: è un braccio di ferro tra la sua carica – e il comportamento a cui ci si dovrebbe attenere –  e la sua indole umana, quella forza centrifuga che non gli consente di contemplare la possibilità di astenersi dal parlare a getto almeno durante le poche ore del consiglio.

Emiliano perde per strada il presente e fa male le proprie funzioni per lanciare la sua rincorsa permanente al futuro che lo rende ostaggio della ricerca compulsiva, ossessiva e patologica del consenso. Un miraggio che lo brama al punto di ricattarlo facendogli scrivere cavolate demagogiche (vedi l’allusione di aver portato Fiorello a Bari, come se Fiorello viene qui grazie al fatto che Bari è amministrata da Emiliano) e sesquipedali (pare che il governo voglia chiudere l’Università di Bari ha detto ieri, ovviamente la castroneria l’ha proferita nel furore dei suoi fumi connettivi).

Michele, allora: in certi frangenti l’unica cosa da chiudere è la bocca in modo da abbassare saracinesca a quel maledetto tintinnio sulla tastiera. Tu hai passato una vita a farle rispettare le regole. Riesci di tuo a darti una regola di autodisciplina dei tuoi comportamenti e a impegnarti a rispettarla almeno in concomitanza di un Consiglio Comunale a cui hai deciso spontaneamente di presenziare? Perché vedi: è ovvio che noi non saremo mai tuoi elettori e che per noi probabilmente sbaglierai a prescindere. E’ il gioco d

elle parti. Però l’avversario si può anche stimare, e noi potremmo iniziarlo a farlo.

Senza scomodare pensatori e maitre à penser basterebbe che ti ricordassi di essere barese e ti attenessi a quel che la saggezza popolare continua a consigliare anche ai tempi di facebook: “una parola è troppa, due sono assai”; oppure “parl picc e parl bun”.

In fondo prima di essere utenti face book, siamo baresi!