Gemmato

L’avvicinarsi delle scadenze elettorali riaccende il dibattito politico e rigenera la voglia di sintesi politica e partecipazione. Mai come in questo momento Bari si rivela nelle sue due facce, come Giano bifronte. Da un lato abbiamo la Bari lobbistica, quella degli interessi, delle famiglie che si autotutelano e si autoalimentano da decenni, la Bari delle cordate e degli interessi. Una Bari strana, costituita da un mix di persone perbene e non, di protagonisti e comparse, di giovani e meno giovani che hanno come unico orizzonte lo stare con chi vince. Questa Bari ora è ferma. Aspetta le mosse degli altri per capire chi è il più forte e schierarsi e vincere. Sì, per loro vincere è fondamentale, quasi vitale. E’ una Bari trasversale che stava con la destra -quando vinceva la destra- e sta con Emiliano finché vince Emiliano. Così senza problemi né imbarazzi. L’altra faccia della Bari bifronte è costituita da chi ci crede. Si da chi crede che oggi la politica sia ancora l’unico strumento per poter cambiare i destini della propria terra. La politica intesa come partecipazione, come passione civica, intesa come Aristotele la intendeva, l’amministrazione della «polis» per il bene di tutti, la determinazione di uno spazio pubblico al quale tutti i cittadini partecipano.

Questa Bari, che è evidentemente minoritaria rispetto alla prima, è invece in movimento. Anima dibattiti e discute di programmi, si dà prospettive, ipotizza candidature e metodi di scelta, cerca di coinvolgere la parte sana e migliore della città nelle scelte e nelle prospettive. Anch’essa è assolutamente trasversale, ma non si muove, purtroppo, in blocco. Essa in ossequio ad un desueto concetto ideologico si divide consentendo alla prima Bari di essere maggioritaria e di determinare in negativo le sorti della città. A questa Bari positiva ascrivo il collega Pietro Petruzzelli che con la sua candidatura a sindaco rompe gli schemi e si propone alla guida della città. A lui però contesto un deficit di coraggio, il suo rimanere sempre chiuso in dinamiche di partito, il suo Pd vecchio e logoro, imbrigliato in vecchi e superati schemi che chi come lui è anagraficamente e culturalmente giovane dovrebbe superare. Bisognerebbe superare lo steccato delle appartenenze e pensare e sognare una Bari migliore. Non mi piace neanche questa corsa alle primarie per la scelta delle persone, come unica e sola panacea dei mali della politica. Bene inteso, le primarie sono oggi l’unica e sola strada per la selezione della classe dirigente. Continuo ad esserne convinto fautore. Uno dei motivi per cui ho abbandonato il Pdl è stata la mancata celebrazione delle consultazioni primarie per la scelta del candidato premier, lanciandomi con Giorgia Meloni nell’ambiziosa sfida di ridare con Fratelli d’Italia dignità ad una parte politica, la destra, che per anni è stata mortificata. Le primarie che però ritengo oggi essere fondamentali, sono quelle delle idee, prima ancora che degli uomini. Bari è una città che per anni ha vissuto governando la contingenza e la quotidianità. Bisogna ritornare ad avere idee di sviluppo e di prospettiva.

Quale futuro immagina la nuova classe dirigente, quella che vincerà le prossime elezioni, per Bari città metropolitana, capoluogo di regione. Quali sono le linee di sviluppo, le idee strategiche. Aprire un dibattito serio e serrato sulle criticità della città, capire se finalmente possiamo riappropriarci del rapporto con il mare in chiave turistica e di sviluppo. Capire se la vocazione levantina e commerciale possa avere, come io penso, un futuro nella Bari del terzo millennio. Capire se «Bari città universitaria» possa essere volano di cultura, economia e sviluppo. Capire come il nostro santo, San Nicola, il santo più venerato al mondo, possa farci un ennesimo miracolo aiutandoci e proiettare Bari in chiave turistica e di scambio verso la ricca Europa dell’est. Su questo e tanto altro dovremmo aprire il dibattito. Prima le idee, poi gli uomini. Solo così potremo evitare che la faccia negativa della Bari bifronte possa vincere nuovamente su quella positiva. Solo così potremo evitare che una classe dirigente senza idee né qualità possa governare i nostri destini. Facciamo vincere le idee. Le gambe su cui farle camminare non avremo difficoltà a trovarle. Un’idea ce l’avrei: andiamo avanti senza paura.